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Studio Legale Avv. Gianfranco Briguglio

 

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Gutta cavat lapidem non vi, sed saepe cadendo.​

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NOTA A SENTENZA CASS. PEN. SEZ. III, SENT. 14/11/2024 N. 44345 (DEP. 04/12/2024)

19/12/2024 09:26

Dott. Tommaso Deliro

Giurisprudenza,

NOTA A SENTENZA CASS. PEN. SEZ. III, SENT. 14/11/2024 N. 44345 (DEP. 04/12/2024)

La Legge autorizza espressamente, nei casi tassativamente individuati, la macellazione per “autoconsumo” al di fuori degli stabilimenti riconosciuti.

TITOLO: L’esclusione della penale rilevanza per il c.d. “autoconsumo” nell’ambito del reato di macellazione clandestina ex art. 6 D. Lgs. 193/2007: la stazza del suino non è elemento sintomatico della destinazione al commercio.

 

ABSTRACT: In presenza di elementi di prova volti ad escludere la penale rilevanza della condotta di chi macella un suino per consumarlo in famiglia, il solo dato ponderale del peso della bestia non è sufficiente per ritenere integrato il reato de quo. La Legge autorizza espressamente – e nei casi tassativamente individuati – la macellazione per “autoconsumo” al di fuori degli stabilimenti registrati o riconosciuti.

 

TESTO

La possibilità di procedere alla macellazione dei suini al di fuori degli stabilimenti e dei locali a tal fine riconosciuti trova conferma nell’art. 16 del d.lgs 27 del 2021 […]. Manifestamente illogico risulta anche il processo inferenziale che dalla stazza dell’animale ha desunto la destinazione alla vendita dei prodotti della macellazione” (Cass. Pen., sez. III, Sent. 14.11.2024, n. 44345, Considerato in diritto, §§3-4).

            Con la Pronuncia in commento, la Suprema Corte di Cassazione censura la Sentenza emessa dalla Corte di Appello di Messina, con la quale veniva erroneamente ritenuto integrato il reato di macellazione clandestina di animali di cui all’art. 6 D. Lgs. 193/2007.

            La Corte Peloritana, infatti, basandosi su quanto assunto durante l’istruttoria dibattimentale svolta in seno al Tribunale della medesima città e conclusasi con una Sentenza le cui motivazioni si sono limitate ad essere un “infedele” copia-incolla del capo di imputazione, riteneva non condivisibile la tesi difensiva nella parte in cui affermava l’esclusione della penale rilevanza della condotta in capo all’imputato. 

L’impostazione Difensiva era supportata dal fatto che tutte le prove formatesi – assenza di strumentazione professionale, di celle frigorifere, di ulteriore bestiame e di tavoli in acciaio da macellazione – fossero sintomatiche dell’avvenuta macellazione di un unico capo di bestiame, peraltro con finalità di consumo familiare.

            Il Giudice di seconde cure, invece, conferma la responsabilità penale sulla base di un’ipotizzata destinazione alla vendita o alla cessione ai terzi di quanto prodotto dalle operazioni di macellazione incriminate, desunta unicamente dalla stazza dell’animale (150 Kg), e sull’applicazione analogica in malam partem del Regolamento CE 1099/2009 e del D. Lgs. 131/2013, i quali prevedono l’operatività della scriminante dell’“autoconsumo” nell’ambito dell’attività di macellazione dei soli “animali di piccola taglia” nonché – peraltro – delle mere ipotesi di illecito amministrativo.

            Conclusioni, quelle a cui è addivenuta la Corte di Appello di Messina, che si pongono in evidente contrasto con il principio di tassatività della legge penale, tutelato dagli artt. 25 Cost., 1 c.p. e 14 disp. prel. c.c., nonché con le regole sulla valutazione degli indizi e delle prove ex artt. 192 ss. c.p.p. e con il principio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio” di cui agli artt. 530 e 533 c.p.p.

L’art. 6 D. Lgs. 193/2007 ha natura di reato proprio esclusivo (o di mano propria): tale affermazione è ricavabile dall’incipit della norma in esame “Chiunque, nei limiti di applicabilità del Regolamento CE n. 853/2004 […]”, la quale – in via assolutamente preliminare – esclude la tipicità allorquando il fatto ivi individuato (“effettua attività di macellazione di animali, di produzione e preparazione di carni in luoghi diversi dagli stabilimenti o dai locali a tal fine riconosciuti […]”) sia commesso nei casi di cui all’art. 1 c. 3 del citato Regolamento CE n. 853/2004: “a) produzione primaria per uso domestico privato; b) preparazione, manipolazione e conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato”.

La disciplina normativa da ultimo richiamata non fa, dunque, alcun tipo di riferimento alla stazza delle bestie macellate per uso domestico privato, conseguentemente risultando erroneo desumere dal peso dell’animale ed in assenza di altri univoci riscontri probatori la finalità commerciale dell’attività contestata. Anzi, la voluntas legislativa è chiara: la macellazione di bovini e suini è compatibile con le finalità dell’autoconsumo, indipendentemente dal peso degli stessi.

V’è di più. Ulteriore ragione per la quale il fatto contestato al ricorrente – macellazione di un suino di Kg 150 nella propria abitazione – esula dalla soglia della rilevanza penale è fornita dall’art. 16 D. Lgs. 27/2021, rubricato “Disposizioni in materia di macellazione per il consumo domestico privato”. Detto precetto normativo al primo comma consente la macellazione per autoconsumo, demandando alle Regioni la disciplina pratica ed ivi individuando i principi cui queste ultime debbono attenersi. Il secondo comma fornisce un elenco tassativo di animali che possono essere oggetto di dette operazioni: la lett. c) prevede espressamente i “suini”.

In conclusione, “risultando il processo inferenziale sviluppato per ritenere che l’attività accertata rientri nel perimetro di applicazione della norma contestata non sufficiente a confutare l’ipotesi antagonista difensiva prospettante la destinazione “endofamiliare” della carne e, conseguentemente, l’irrilevanza penale della condotta” (cfr. Cass. Pen., Sent. 44345/2024, ibidem), il filone argomentativo dell’impugnata Sentenza è stato giudicato non condivisibile dal Supremo Collegio della Terza Sezione Penale, che ha correttamente annullato la Sentenza impugnata e sancito il travisamento delle prove e la manifesta illogicità della motivazione, rinviando il procedimento ad altra sezione della medesima Corte territoriale per un altro giudizio, sulla scorta dei principi di diritto ivi affermati.

Dott. Tommaso Deliro

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