Sequestro probatorio e sequestro preventivo: un caso pratico.
Il decreto di convalida del sequestro probatorio disposto dalla polizia giudiziaria (artt. 354-355 c.p.p.) deve essere corredato da un’adeguata motivazione che espliciti anche le necessità che giustificano l’apposizione del vincolo. Tale carenza non è emendabile dal Tribunale del Riesame.
Esaminiamo un caso pratico conclusosi con l'annullamento, ad opera del Tribunale del Riesame di Messina, di un decreto di sequestro avente ad oggetto la somma di Euro 10.000,00 in contanti ritenuta provento del delitto di spaccio di sostanze stupefacenti. Alla restituzione della somma all'avente diritto è seguito un ulteriore sequestro a cura del P.M. ai sensi dell'art. 321 comma 3-bis c.p.p., non convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari.
Nel mese di maggio 2023 Ufficiali di Polizia Giudiziaria operanti nel territorio della provincia Messinese, avevano provveduto a immediata ed urgente perquisizione locale presso l’abitazione del Sig. M.
L’intervento era stato eseguito poiché nel corso di un’operazione di polizia finalizzata alla prevenzione e repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope ed armi era emerso il fondato motivo che ivi potessero rinvenirsi sostanze e beni di tale natura.
Gli agenti, recatisi in loco per effettuare la notifica di provvedimento emesso dall’ASP di Messina, accertavano la presenza di un complesso sistema di telecamere, il quale – a detta degli Operanti – generava il fondato sospetto che il Sig. M. potesse detenere sostanze stupefacenti e/o armi. Ravvisavano, inoltre, motivi di particolare necessità ed urgenza che non consentivano di richiedere l’autorizzazione telefonica al P.M. di turno, in quanto l’eventuale ritardo avrebbe potuto pregiudicare l’esito dell’attività.
La perquisizione locale e personale veniva effettuata, pertanto, ex art. 103, c. 3, DPR n. 309/1990 per la prevenzione e repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope, ai sensi del quale “Gli ufficiali di polizia giudiziaria, quando ricorrano motivi di particolare necessità ed urgenza che non consentano di richiedere l'autorizzazione telefonica del magistrato competente, possono altresì procedere a perquisizioni dandone notizia, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore, al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, le convalida entro le successive quarantotto ore”.
Il Sig. M., invitato dai Carabinieri, consegnava spontaneamente un sacchetto sottovuoto contenente grammi 65 di sostanza stupefacente del tipo verosimilmente marjuana. In seguito, gli Agenti ritrovavano altresì alcuni bilancini di precisione, buste in cellophane per il sottovuoto, un’arma clandestina funzionante e pronta all’uso, proiettili e una busta sigillata con nastro isolante contenente la somma in contanti di Euro 10.000,00.
Terminata la perquisizione, tutto il materiale ritrovato veniva sottoposto al vincolo del sequestro ai sensi dell’art. 354 c.p.p. in relazione agli articoli 73 DPR 309/90 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), 23 L. 110/1975 (Armi clandestine) e 697 c.p. (Detenzione abusiva di armi).
Il II comma dell’art. 354 c.p.p. dispone che, qualora vi sia pericolo che le cose, le tracce e i luoghi si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non possa intervenire tempestivamente, gli ufficiali di polizia giudiziaria, se del caso, sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti. Inoltre, nel caso in cui abbia proceduto a sequestro, la polizia giudiziaria enuncia nel relativo verbale il motivo del provvedimento e ne consegna copia alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Il verbale è trasmesso senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove il sequestro è stato eseguito.
Il pubblico ministero, nelle quarantotto ore successive, con decreto motivato convalida il sequestro se ne ricorrono i presupposti ovvero dispone la restituzione delle cose sequestrate. Copia del decreto di convalida è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate (art. 355, commi I e II, c.p.p.).
In particolare, nel caso de quo, il P.M. competente, avendo tempestivamente ricevuto il verbale di sequestro redatto dalla P.G., convalidava il vincolo probatorio di tutto il materiale ad esso sottoposto, ritenendolo legittimo, con riferimento alla somma di denaro, poiché considerata prezzo o profitto delle transazioni illecite della sostanza stupefacente detenuta.
Trattasi, evidentemente, di vincolo di natura e finalità prettamente probatoria, dunque mediante il quale disporre il sequestro del corpo del reato e delle cose a quest’ultimo pertinenti qualora necessario per l’accertamento dei fatti. Pertanto, il sequestro probatorio non va confuso con le altre due tipologie di sequestro previste dal Codice di rito: il sequestro preventivo e il sequestro conservativo. Queste ultime, collocate tra le misure cautelari reali, hanno la classica finalità discendente dalla natura posseduta e per la loro genesi necessitano di un provvedimento giurisdizionale. Il sequestro probatorio, invece, è un istituto prevalentemente a disposizione del pubblico ministero e non esige interventi dispositivi del giudice.
Il sequestro probatorio è un mezzo di ricerca della prova, la cui finalità è quella di acquisire al procedimento elementi ritenuti necessari per la ricostruzione del fatto storico, imponendo su di essi un vincolo di indisponibilità tanto materiale, quanto giuridica.
Nel disposto normativo di cui all’art. 253, comma I, c.p.p., il legislatore ha formalizzato che oggetto di questo tipo di vincolo possano essere – come anticipato – solo il corpo del reato e le cose pertinenti al reato; tuttavia, se il II comma della medesima disposizione istruisce su cosa debba intendersi per corpo del reato (“le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo”), la stessa precisione non viene riscontrata per quanto attiene alle cose pertinenti al reato, la cui individuazione viene, pertanto, interamente rimessa all’elaborazione giurisprudenziale. In particolare, con pertinenza si intende qualunque relazione che intercorre tra un oggetto ed il reato, tale per cui il primo possa essere uno strumento utile per l’accertamento del fatto ed inoltre possa riferirsi all’imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza.
L’elaborazione giurisprudenziale, peraltro, ha contributo anche ad ampliare la definizione di corpo del reato, facendovi rientrare “le cose che sono in rapporto diretto ed immediato con l’azione delittuosa”. Un’interpretazione talmente eccessiva da determinare il grosso rischio di un automatismo nel disporre il sequestro del corpo del reato senza che venga adeguatamente indagata la sussistenza di specifiche esigenze probatorie ed esimendosi dal fornire congrua motivazione. Invero, per lungo tempo la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che l’esigenza probatoria del sequestro del corpo del reato fosse in re ipsa e che, pertanto, qualificare un bene come tale fosse sufficiente a motivare la disposizione della misura, vista la sussistenza di un rapporto di immediatezza con l’illecito (Cass. pen., Sez. un., 11 febbraio 1994).
L’orientamento della Suprema Corte è, poi, mutato, escludendo attualmente l’automatismo di cui sopra per due considerazioni: non sempre il corpo del reato può essere utile alle indagini; il II comma dell’art. 354 c.p.p. stabilisce che la P.G. soltanto se del caso procede al sequestro del corpo del reato o di cose pertinenti al reato su cui è stato condotto un accertamento urgente. Le Sezioni Unite, altresì hanno precisato che risulti fondamentale ed essenziale anche per il sequestro probatorio una compiuta motivazione della valenza probatoria e delle sue finalità, senza che tale onere possa dirsi soddisfatto con il mero richiamo a formule stereotipate (Cass. pen., Sez. V, 7 ottobre 2010, n. 1769).
Avverso il provvedimento di convalida, la Difesa proponeva richiesta di Riesame.
Benché il riesame sia un mezzo di gravame di un provvedimento cautelare, e nonostante, ut supra rilevato, il sequestro probatorio ex art. 354 c.p.p. non rientri nella categoria delle misure cautelari reali, “la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre” richiesta di riesame contro il decreto di convalida del sequestro (art. 355, III comma, c.p.p.).
Nel caso di specie, la Difesa del Sig. M. avanzava richiesta di riesame ex art. 355 c.p.p., in particolare in relazione al sequestro probatorio della somma di € 10.000,00. Due le carenze individuate: difetto di esigenze cautelari e assenza di motivazione del decreto di convalida.
Circa il primo motivo di gravame, sono molteplici le ragioni che valevano ad escludere la possibilità che il denaro potesse identificarsi come il profitto di qualsivoglia attività illecita – e nello specifico il commercio di sostanze stupefacenti. Per quello che qui maggiormente interessa, è da sottolineare che, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, una somma di denaro, qualificata come corpo del reato di traffico di stupefacenti, ai sensi dell'art. 253 c.p.p., non può essere sottoposta a sequestro per esigenze probatorie, in quanto la prova del reato non discende dalla "res" sequestrata, ma dagli atti di indagine circa il suo rinvenimento (Cassazione penale sez. VI, 09/04/2009, n.19771). Disporre il sequestro probatorio – e mantenerlo – per tali somme di denaro vuol dire non tener conto del fatto che “la provenienza illecita del denaro non ha, nella specie, alcuna valenza dimostrativa del reato stesso” (Cassazione penale sez. VI, 09/04/2009, n.19771; cfr. Cassazione penale sez. III, 03/04/2012, n.15513). Il denaro “non poteva essere sottoposto a sequestro probatorio (che, comunque non può essere mantenuto per le finalità tipiche di tale sequestro), pur trattandosi di corpo di reato, essendo evidente - si ripete - che la prova del reato non è data dalla res sequestrata (sono, infatti, gli atti di indagine ed i relativi verbali di perquisizione e sequestro ad attestare la circostanza del reperimento del denaro in sede di perquisizione)” (Cassazione penale sez. VI, 09/04/2009, n.19771).
Riguardo alla nullità del Decreto di convalida per violazione dell’obbligo di motivazione da parte del P.M., la Difesa deduceva quanto segue:
La motivazione del decreto di sequestro assume un’assoluta importanza, anche e soprattutto in sede di convalida, in quanto strumento principale mediante il quale valutare la sussistenza dei requisiti di legge e, dunque, la legittimità del decreto.
Il decreto di sequestro probatorio delle cose che costiuiscono corpo del reato o pertinenti al reato deve essere sorretto “da idonea motivazione in ordine alla sussistenza della relazione di immediatezza tra la res sequestrata ed il reato oggetto di indagine” (Cass. pen., Sez. II, 09.04.2014, n. 23212). La Corte di legittimità per descrivere il legame tra l’oggetto del sequestro e la fattispecie di reato ipotizzata utilizza la citata espressione “relazione di immediatezza”. Per comprenderne a pieno il significato è opportuno richiamare la disposizione di cui all’art. 253 c.p.p.: “l’autorità giudiziaria dispone con il decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti”. Tutto ruota intorno alla corretta interpretazione del termine “necessarie” e alla ratio del sequestro probatorio, che si desume dal richiamo alla finalità di “accertamento dei fatti” inerenti al thema decidendum del processo.
Orbene, risulta inevitabile che l’inquadramento sistematico da ultimo descritto preveda in capo dell’Autorità giudiziaria l’obbligo di motivare la specifica destinazione del sequestro. È, difatti, questo l’unico modo per monitorare l’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei beni costituzionalmente protetti, quali la proprietà e la libera iniziativa economica privata (art. 42 Cost.). Il decreto deve, pertanto, contenere un nucleo motivazionale volto a veicolare precisamente, rispetto ai fatti per cui si procede, l’idoneità rappresentativa costituita dalla res in concreto, nonché le ragioni che rendono necessaria la misura ablativa. Inoltre, con riferimento all’ipotesi de qua, “nel caso in cui abbia proceduto a sequestro, la polizia giudiziaria enuncia nel relativo verbale il motivo del provvedimento” (art. 355, comma 1, c.p.p.)
Nel caso di specie, i requisiti in questione mancavano in toto. Né nel verbale di perquisizione e sequestro, né tanto meno nel decreto di convalida del Pubblico Ministero era dato riscontrare una motivazione adeguata ai canoni da ultimo esposti.
In primo luogo, i Carabinieri che disponevano il sequestro ai sensi dell’art. 354 c.p.p. ritenevano sussistenti motivi di particolare necessità ed urgenza che non consentivano di richiedere l’autorizzazione telefonica al P.M. di turno, senza, tuttavia, ulteriormente specificare quali fossero tali motivi. Non solo. Le Forze dell’Ordine intervenute procedevano alla perquisizione locale, descrivendo quanto rinvenuto e procedendo al sequestro, senza ulteriori chiarimenti.
Allo stesso modo, in sede di convalida, il Pubblico Ministero non provvedeva a elaborare una motivazione che potesse supplire alle carenze del verbale di perquisizione e sequestro, posto che giustificava il sequestro del denaro contante solo in quanto “prezzo o profitto delle transazioni illecite della sostanza stupefacente detenuta”, difettando di qualsiasi altra indicazione in grado di evidenziare quella “relazione di immediatezza” di cui sopra.
V’è di più. Il P.M. ha l’obbligo di motivare espressamente anche in ordine alla finalità probatoria. Il sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato, al pari di quello relativo a cose qualificate come pertinenti al reato, “deve essere sorretto da idonea motivazione in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita, attraverso l’esplicitazione delle ragioni per le quali l’acquisizione interinale del corso del reato risulta necessaria per l’accertamento dei fatti per cui si procede; la qualifica del corpo del reato, infatti, non implica necessariamente un’efficacia probatoria in relazione all’avvenuta commissione del reato e alla possibilità di attribuire il reato al soggetto” (Trib. Milano, Sez. XI, 27/09/2007).
A tale conclusione può addivenirsi anche mediante lettura dell’art. 354 c.p.p., il cui tenore non solo consente di escludere l’obbligatorietà del sequestro del corpo di reato, ma impone una valutazione in concreto sull’opportunità e sulla necessità di disporre il sequestro, prevedendo che gli agenti di polizia giudiziaria vi procedano solo “se del caso”. In questo senso si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione, specificando che “è nullo il decreto di convalida delle cose costituenti il corpo del reato, operato dalla polizia giudiziaria, in difetto di idonea motivazione in ordine al presupposto della concreta finalità perseguita per l’accertamento dei fatti” (Cass. pen., Sez. III, 06.03.2013, n. 13044).
In definitiva, a confermare ulteriormente quanto finora sostenuto v’è una recente pronuncia a Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, la quale precisa che “anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idoneamotivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita in concreto, per l’accertamento dei fatti” (Cass. pen. S.U., 28 gennaio 2004, n. 5876).
Esaminato il gravame proposto nell’interesse del Sig. M., il Collegio per il Riesame del Tribunale di Messina riteneva meritevole di accoglimento l’istanza, in quanto il Provvedimento impugnato si atteggiava carente di adeguata motivazione quanto alle finalità che giustificavano l’imposizione del vincolo reale sui beni rinvenuti nella disponibilità del ricorrente. Invero, la necessità che il decreto di convalida del sequestro probatorio disposto d’iniziativa della P.G. sia corredato da adeguata motivazione che espliciti anche quali necessità giustifichino l’apposizione del vincolo costituisce ormai espressione di un principio di diritto consolidato e condiviso (“Il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti” – Cass. Pen., Sez. Un., Sent. n. 36072 del 19 aprile 2018). Pertanto, il Tribunale della Libertà riteneva che il Provvedimento di convalida del sequestro de quo fosse, in relazione alla somma di denaro, manchevole di detta motivazione; carenza non emendabile in sede di riesame (cfr. Cass. Pen, Sez. II, Sent. n. 49536 del 22 novembre 2019, ric. Vallese: “Il Tribunale del Riesame chiamato a decidere su un sequestro probatorio, a fronte dell’omessa individuazione nel decreto delle esigenze probatorie e della persistente inerzia del Pubblico Ministero anche nel contraddittorio camerale, non può integrare la carenza di motivazione individuando, di propria iniziativa, le specifiche finalità del sequestro, trattandosi di prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero quale titolare del potere di condurre le indagini preliminari e di assumere le determinazioni sull’esercizio dell’azione penale”).
Tutto quanto sopra, l’On.le Tribunale della Libertà imponeva l’annullamento del Provvedimento impugnato in parte qua e la restituzione, a cura del P.M., del denaro.
Accadeva tuttavia che, conseguentemente, il P.M. pur procedendo tempestivamente ad eseguire il dissequestro in ossequio all’Ordinanza del Tribunale del Riesame, al contempo con provvedimento assolutamente non condivisibile né nel merito, né, tantomeno, nella forma, disponeva il sequestro preventivo d’urgenza ex art. 321, comma 3 bis, c.p.p. delle medesime somme in contanti appena dissequestrate dal Tribunale del Riesame.
In particolare, il P.M. riteneva che, indipendentemente dalle esigenze probatorie, il denaro de quo, per l’importo, le modalità di conservazione e l’inesistenza di alcuna ragione evidente per detenere in casa una somma di denaro così cospicua, fosse profitto di transazioni illecite di sostanza stupefacente, stante la detenzione della sostanza suddetta, evidentemente detenuta a fine di spaccio a terze persone. Ancora, trattandosi di un’ipotesi di confisca obbligatoria (art. 240, c. II, c.p.), riteneva sussistenti i presupposti per disporre il sequestro preventivo della somma ex art. 321, comma II, c.p.p.; riteneva, altresì, sussistente la condizione di cui al comma I dell’art. 321 c.p.p., dal momento che la libera disponibilità di detta somma avrebbe determinato il protrarsi delle conseguenze del reato di traffico e detenzione di sostanza stupefacente o comunque consentito la commissione di altri reati in materia di narcotraffico; sosteneva, infine, l’esistenza di ragioni d’urgenza per disporre il sequestro preventivo d’urgenza ex comma 3 bis, non essendosi potuto attendere l’emissione di un provvedimento del Giudice, stante la necessità di eseguire il Provvedimento del Tribunale del Riesame e l’esigenza di evitare che, appena eseguito il dissequestro, la somma di denaro in oggetto, avesse potuto disperdersi o essere destinata all’attività di narcotraffico.
Tanto l’ipotesi di cui al comma 1, quanto quella di cui al comma 2 dell’art. 321 (c.d. sequestro preventivo, anche disposto d’urgenza dal Pubblico Ministero ai sensi del c. 3 bis del medesimo articolo) presuppongono un nesso di pertinenza con il reato per cui si procede.
Il sequestro preventivo, disciplinato dagli artt. 321 ss. c.p.p., appartiene alla categoria delle misure cautelari reali, la cui finalità è soddisfare determinate esigenze processuali tramite la compressione di alcune libertà dell’individuo, in particolare il diritto di proprietà costituzionalmente garantito dall’art. 42 Cost.; incidono, pertanto, sul patrimonio dell’imputato ponendo un vincolo di indisponibilità su beni mobili ed immobili di quest’ultimo.
Il sequestro preventivo può trovare applicazione o quando si voglia evitare il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravarne o protrarne le conseguenze ovvero agevolare la commissione di altri reati o quando si debba disporre la confisca di talune res.
Affinché il sequestro preventivo possa essere disposto è necessario che sussistano il fumus commissi delicti e il periculum in mora.
Il fumus commissi delicti corrisponde alla presenza di indizi di reato del fatto per cui si procede; trattasi di un controllo circa la possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata fattispecie di reato (Cass., Sez. Un., 23 aprile 1993, Gifuni, n. 4).
Il periculum in mora, invece, consiste nella fondata preoccupazione che la libera disponibilità di alcune cose possa aggravare o protrarre le conseguenze di un reato ovvero agevolarne la commissione di altri. L’applicazione della misura deve essere subordinata ad un giudizio prognostico su un possibile fatto futuro, ma l’accertamento deve riguardare la reale possibilità che il bene, per la sua natura e in relazione alle circostanze del fatto, determini l’aggravamento del reato ipotizzato ovvero la sua protrazione o agevoli la commissione di fatti criminosi. Ciò implica che, qualora intervengano fatti sopravvenuti e tali esigenze vengano meno, il sequestro debba essere revocato anche d’ufficio.
In relazione al sequestro di cui al II comma dell’art. 321 c.p.p., si ritiene che il periculum vada individuato nella mera confiscabilità del bene, con ciò spostando l’attenzione dal collegamento tra cosa e reato alla disciplina di diritto sostanziale dettata in tema di ablazione.
Il comma 3 bis dell’art. 321 c.p., poi, prevede che il sequestro preventivo possa essere disposto nei casi d’urgenza dal P.M. o dagli Ufficiali di P.G. In particolare, qualora sia il Pubblico Ministero ad individuare l’urgenza, – come nel caso di specie – emetterà autonomamente un decreto motivato con cui disporrà il sequestro. Risulta, tuttavia, essenziale il Decreto di convalida emesso dal Giudice competente a pronunciarsi nel merito.
Nel caso di specie, a pronunciarsi sulla questione era il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina che pronunciava ordinanza di rigetto della richiesta di convalida e di emissione di Decreto di sequestro preventivo.
Il G.I.P. rilevava che tanto l’ipotesi di cui al comma I, quanto quella di cui al comma II dell’art. 321 c.p.p. presuppongono un nesso di pertinenza con il reato per cui si procede che non rinveniva nella fattispecie.
In particolare, si procedeva in giudizio per un’ipotesi di detenzione e non di cessione di stupefacenti (imputato “per aver illecitamente tenuto 65 grammi di sostanza stupefacente del tipo verosimilmente marjuana, destinata ad un uso non esclusivamente personale”); pertanto, dava atto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, “può procedersi alla confisca del denaro trovato in possesso dell’imputato soltanto quando sussiste un nesso di pertinenzialità fra questo e l’attività illecita di cessione contestata; ne consegue che non sono confiscabili le somme che, in ipotesi, costituiscono il ricavato di precedenti diverse cessioni di droga e sono destinate ad ulteriori acquisti della medesima sostanza, non potendo le stesse qualificarsi né come “strumento”, né quale “prodotto”, “profitto” o “prezzo” del reato” (Cass. n. 5582/2017). Disponeva, pertanto, la restituzione del denaro all’avente diritto a cura del Pubblico Ministero.
In definitiva, la vicenda giurisprudenziale appena esaminata consente di fissare alcuni principi fondamentali nell’ambito della materia dei vincoli reali.
In primis, la carenza/assenza di motivazione del decreto con cui viene disposto o convalidato un sequestro probatorio non può essere emendata in sede di riesame, posto che, per le precipue finalità del sequestro probatorio, è prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero quale titolare del potere di condurre le indagini preliminari e di assumere le determinazioni sull’esercizio dell’azione penale; ne consegue, pertanto, la nullità del Provvedimento che dispone il vincolo.
In secondo luogo – e in conclusione – l’Autorità che procede a disporre un vincolo reale deve valutare opportunamente l’elemento della pertinenzialità rispetto ai fatti per cui si procede, trattandosi di condizione necessaria all’emissione della misura cautelare de qua.
A cura della Dott.ssa Federica Mento.